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Prefazione
Il
territorio di pianura delle regioni del Triveneto presenta peculiari
connotati che lo rendono unico nel suo genere. Qui l’insediamento
dell’uomo si è sviluppato e diffuso prevalentemente grazie a continui e
graduali adattamenti e trasformazioni che hanno reso possibile, nel
corso dei millenni, il passaggio da condizioni affatto inaccettabili ed
inospitali ad uno status favorevole alla residenzialità, alle
utilizzazioni ed allo sviluppo socio-economico.
Si è trattato,
sostanzialmente, della sottrazione a tale territorio del caotico ed
incontrollato predominio delle acque, marine e fluviali, mediante una
diffusa sofisticata regimazione, in relazione alle possibili diverse
condizioni in cui esse si possono trovare, nelle fasi di tumultuose
avversità climatiche, piovose e burrascose, ovvero in quelle ordinarie
di equilibrio idrologico, senza dimenticare quelle particolari
condizioni estreme determinate dai periodi siccitosi, caratterizzate
dall’esaurimento di ogni riserva idrica.
L’antropizzazione dei territori veneti e friulani ha avuto, più che
altrove, il parametro acqua quale principale fattore condizionante:
l’acqua è stata – ed è – la protagonista principale della scena
friulveneta, dando alla luce un vero e proprio sistema idraulico, una
sorta di grande macchina territoriale costruita, controllata e
continuamente adattata dall’uomo, con esperienza, conoscenza,
autorevolezza, potendo contare su precise regole codificate e su
qualificate organizzazioni pubbliche, specializzate in campo
tecnico-amministrativo, pienamente capaci di rispondere alle diverse
esigenze.
La realizzazione del sistema idraulico friulveneto fonda le
sue radici sulla applicazione del tradizionale principio della
separazione delle acque, che ha portato ad individuare vere e proprie
reti separate: i fiumi delle acque alte, provenienti dalle montagne, con
acque perenni che possono raggiungere durante le piene alcune migliaia
di metri cubi al secondo, quelli delle acque medio-alte, affioranti dai
bacini pedemontani, con deflussi idrici inferiori ai precedenti, le reti
delle acque basse, riguardanti le aree depresse della bonifica,
realizzate a partire dalla seconda metà del XIX secolo fino alla prima
metà del secolo successivo, ed infine la separazione degli ambiti delle
acque salse e marittime, che lambiscono gli estuari e le lagune dai
promontori carsici della Venezia Giulia ai rami deltizi del Po.
Le
reti sono collegate tra di loro da centinaia di canali, scolmatori,
scaricatori, bretelle, nonché da innumerevoli manufatti idraulici di
regolazione (conche, botti, paratoie, porte, ecc.), in modo da
permettere la scelta delle direzioni dei flussi, delle quantità
transitanti, dei livelli, degli sversamenti: ciò al fine di controllare
le piene, dirottando le acque in eccedenza verso circuiti in grado di
trattenerne una parte, ma anche con lo scopo di alimentare la
circolazione idrica nelle reti per fornire acqua per la irrigazione, per
diluire a fini igienici i deflussi di magra, ed ancora per la
navigazione interna, per il trasporto delle persone e delle cose.
Questo è il quadro idraulico del territorio friulveneto e questo è
ciò che abbiamo ereditato dai nostri padri, contribuendo a conservarlo
ed a migliorarlo fino a pochi decenni or sono. È cambiato qualcosa
infatti nel corso degli ultimi anni; è cambiato il modo di utilizzare il
sistema idraulico in queste regioni. Alcune abitudini sono cambiate. Ad
esempio non si naviga più, non si pesca quasi più, non si trasporta più
il materiale dai monti verso il mare, non si percorre più il territorio
a cavallo ed a piedi, in modo da poterlo osservare e conoscere,
eccetera. Tutto ciò ha portato al graduale diffondersi di una sorta di
disinteresse nei confronti del sistema stesso, e quindi, con il
trascorrere del tempo, ad una minore conoscenza, ad una trascuratezza,
per non parlare dell’insorgere di una vera e propria sua dimenticanza:
dimenticanza della sua struttura, della funzione delle sue varie parti,
delle intelligenti possibilità offerte per gestire l’idraulica del
territorio, ma anche dimenticanza delle regole codificate, e delle
pubbliche organizzazioni preposte da secoli al suo governo.
Questa
trasformazione, anzitutto culturale, ha introdotto gravi rischi per
quanto riguarda la sicurezza idrogeologica del territorio e per quello
che riguarda la disponibilità delle sue risorse idriche. Spesso ci si
dimentica che si è di fronte ad un sistema naturale artificializzato
che, per questa sua connotazione speciale, va mantenuto, governato,
difeso, adattato e trasformato secondo le mutate condizioni.
Tale
obbiettivo richiede la promozione di ogni azione finalizzata alla
riscoperta degli aspetti più importanti di conservazione, di uso e di
governo del nostro territorio. Non c’è dubbio che, sotto alcuni
riguardi, tale sistema idraulico vada riprogettato e riadattato a fronte
delle trasformazioni avvenute negli ultimi decenni, agricole,
urbanistiche, morfologiche, nonché per rispondere a nuove e diverse
esigenze del suo uso; ma resta il fatto che per molti altri aspetti tale
sistema vada semplicemente riconosciuto e rivalorizzato nella struttura
e nell’originario funzionamento, così come fu in origine concepito ed
attrezzato.
In ogni caso, ad ogni livello, è molto importante ritornare alla più
elevata specializzazione per pianificare, progettare e gestire. E questa
azione di sensibilizzazione, di promozione e di stimolo è uno dei
settori in cui è maggiormente impegnata l’Autorità di Bacino: solamente
attraverso tale strada infatti le sue proposte istituzionali, i piani di
bacino e gli interventi indicati possono essere discussi, corretti,
migliorati e quindi adottati con la massima qualificata partecipazione e
con il consenso esteso il più possibile.
Il volume “Ritorno al
fiume: navigare su Noncello, Meduna, Livenza” ben risponde a questa
logica contribuendo ad accrescere la cultura delle reti idrauliche
friulvenete attraverso l’approfondimento degli aspetti storici,
economici e sociali ad esse collegati, riproponendone un riutilizzo
intelligente, per finalità turistico-culturali. L’Autorità di Bacino non
può che auspicare la lettura e la diffusione di questo libro,
considerandolo un importante strumento che certamente concorrerà a
favorire la conoscenza e la fruizione del sistema idraulico friulveneto,
aspetti così importanti per il raggiungimento dei suoi traguardi
istituzionali.
Antonio Rusconi
Segretario Generale
dell’Autorità di Bacino dell’Alto Adriatico